IL "SALTO DI QUALITA"
di
Tito BRUNO

Quante volte, guardando gli annunci sulle riviste di astronomia, leggiamo: "Vendo, per passaggio a strumento superiore". Ad esempio, passare da un riflettore di venti centimetri a uno di trenta sperando di ottenere risultati fotografici superiori si rivela, almeno per i primi tempi, una pura illusione, anzi, all'inizio, può verificarsi il contrario.

Nel mio caso specifico, passare da un ottimo Takahashi CN 212 ad un Celestron 11 di ultima generazione e da una vecchia ma robusta montatura con motori "sincroni" ad una moderna montatura Losmandy dotata di puntamento automatico, ha comportato una lunga serie di difficoltà e di problemi che mi hanno tenuto impegnato per alcuni mesi.

Cercherò qui brevemente di raccontare la mia esperienza:

Le ottiche

La scelta di passare a un'ottica di diametro superiore è stata dettata più che altro dall'esigenza di vedere meglio gli oggetti del cielo profondo e dalla comodità di avere una configurazione ottica unica, senza dovere essere costretto a cambiare continuamente lo specchio secondario, come facevo prima. Il C 11, acquistato con il nuovo trattamento "XLT", si è subito rilevato soddisfacente, con una buona resa visuale e con un ridotto spostamento dell'immagine durante la messa a fuoco, tuttavia, per funzionare al meglio, ha richiesto l'acquisto di una serie di accessori di non facile reperibilità. La lunga focale dell'ottica, per effettuare pose fotografiche di tempo ragionevole degli oggetti del profondo cielo richiede la presenza di un riduttore di focale: il primo acquisto è stata una "Lumicon Giant Easy Guider" d'occasione, dotata di una grossa lente riduttrice e di un prisma laterale per deviare all'esterno parte della luce ed effettuare contemporaneamente la guida fotografica. Se ciò in teoria è concettualmente giusto, in pratica trovare una stella abbastanza luminosa per guidare ai bordi del campo, si è rivelata un'impresa ardua e assai affaticante per gli occhi; inoltre il riduttore è risultato un po' poco "spinto", permettendo al massimo una riduzione a circa F/5 ed è stato necessario dotarsi anche di un altro riduttore, nella fattispecie un Meade F/3,3. Infatti, la qualità media del "seeing" non permette quasi mai di superare il metro e mezzo di focale, pena la comparsa di stelle dilatate a dismisura dalla turbolenza. Un'altro problema che mi ha fatto propendere a utilizzare focali più possibili corte nella ripresa CCD degli oggetti "Deep Sky" è stata da subito la maggiore difficoltà nella messa a fuoco con il nuovo strumento, assai più sensibile alla turbolenza. Infine, altri accessori necessari, sono stati una "slitta" da montare sul telescopio a sostenere l'ottica di guida e un paraluce per evitare la formazione di condensa sulla lastra.

Postazione telescopio socio Tito Bruno

La montatura

La scelta della montatura è caduta su una Losmandy G 11 d'occasione a cui era stato adattato un computer di puntamento automatico Vixen SkySensor, per facilitare il puntamento di oggetti deboli invisibili nell'oculare. Le prime difficoltà sono sorte nell'impostare i parametri sullo SkySensor: infatti, tale computer è stato concepito per le montature della serie "Polaris". Modificando il numero dei denti delle corone per un corretto inseguimento, il motore di A.R. manifestava un periodico "singhiozzo", rendendo impensabile una qualsiasi ripresa fotografica. Interpellati inutilmente il venditore (cascato dalle nuvole) e gli amici più competenti in elettronica, mi ero già quasi rassegnato, quando l'amico Luciano, dopo aver letto un articolo su Internet, consigliava di modificare il "motor parameter" da 1 a 3.

Un altro problema è stato la regolazione del "gioco" tra corona e vite senza fine, in quanto, lasciando gioco zero, durante il puntamento automatico, spesso i motori sforzavano e si fermavano emettendo rumori inquietanti. Sono stato così costretto a lasciare più gioco, dopo aver stretto forte le frizioni, e a girare manualmente l'ingranaggio di trasmissione, dopo aver staccato il motore, facendo fare un giro completo alla corona per vedere se ci fossero punti di forzamento. Purtroppo, il gioco eccessivo genera probabilmente un aumento dell'errore periodico (è quasi impossibile effettuare riprese CCD non guidate per un tempo maggiore di trenta secondi) e un marcato "backlash" in declinazione, non correggibile via "software", che diminuisce la precisione di inseguimento e preclude forse la possibilità futura di usare un'autoguida. La precisione di puntare gli oggetti nell'oculare è discreta ma per far cadere gli stessi nel piccolo campo del sensore CCD, conviene utilizzare la funzione "ID", analoga alla "High Precision" della Meade LX 200. Con questa, lo SkySensor individua una stella abbastanza luminosa nei pressi dell'oggetto e, dopo aver allineato il computer sulla stella, si ripunta l'oggetto con maggiore precisione.

NGC 6760
NGC 6760
NGC 6946
NGC 6946

Le due immagini a corredo dell'articolo sono le prime "appena decenti" realizzate con il nuovo strumento dopo circa sei mesi di prove: quella di NGC 6760 in Aquila è la somma di cinque pose da tre minuti, quella di NGC 6946 in Cepheus è la somma di otto pose da un minuto e mostra la recente supernova 2004 ET, di magnitudine 12,7, scoperta dall'italiano Stefano Moretti. Si rende necessario spezzare la posa in quanto, non essendo la camera CCD dotata di dispositivo "antiblooming" (che ne abbasserebbe ulteriormente la sensibilità), dopo un certo tempo, le stelle di campo più luminose, cominciano a "colare", generando un effetto antiestetico.

Camera Spectra Source "Teleris 400 con sensore KAF 400 costruita nel 1994

Imperia, 19 ottobre 2004