Il Fastar (questo sconosciuto)
di
Tito BRUNO

Quando la Celestron, alcuni anni fa, decise di arricchire i propri telescopi Schmidt Cassegrain della possibilità denominata "Fastar", rimasi molto incuriosito dalla notizia.

L'idea non era certo nuova: tutti i grandi telescopi professionali hanno la possibilità di riprendere immagini direttamente al "primo fuoco", senza che la luce rimbalzi sullo specchio secondario e ne allunghi il tragitto, ma era la prima volta che una ditta trasferiva il concetto anche alla produzione di serie riservata agli amatori.

Tuttavia, da allora, l'accessorio in ogetto non ha avuto il successo sperato tra i possessori di un Celestron (cito l'esempio di un kit Fastar per C8 giacente da mesi invenduto nella lista di "occasioni" di una nota ditta italiana); inoltre (e da ciò il titolo dell'articolo) ogni richiesta di delucidazioni rivolta ai rivenditori del settore, dimostrava una quasi totale disinformazione da parte di costoro, se non addirittura una forma di diffidenza verso il prodotto.

Personalmente, sono andato contro corrente, perchè, al momento di scegliere un tubo ottico Schmidt Cassegrain, ho optato per un Celestron, anche per la possibilità in più che mi veniva offerta: l'idea di poter trasformare l'ottica, in caso di necessità, in una luminosissima camera "Schmidt" (tanto in voga anni fa), mi stuzzicava alquanto.

Così, quando si è presentata l'occasione di acquistare un accessorio "Fastar" per il mio C11 (che l'amico Massimo Splendori di Taggia non utilizzava), ho deciso di rischiare in prima persona, ignorando anche alcune perplessità che il venditore manifestava.

Nel mio caso l'accessorio in questione non era originale "Celestron", ma costruito da una ditta artigianale americana: il corpo di forma conica, lungo una dozzina di centimetri e piuttosto pesante (quasi un chilogrammo) contiene due gruppi di lenti (uno ad ogni estremità); l'estremità più larga ha una sede che entra al posto dello specchio secondario, quella più stretta reca una filettatura maschio 42x0,75 per l'attacco della camera CCD.

Benchè l'amico astrofilo avesse aderito alla mia richiesta di provare preventivamente l'accessorio, il mio acquisto è stato comunque arrischiato, in quanto il "Fastar" è stato creato dalla Celestron per la camera CCD Sbig ST237, mentre la mia camera è una Starlight XPress e tutti i miei quesiti rivolti ai vari esperti del settore hanno avuto come risposta: "potrebbe funzionare".

La prima delusione è stata quella di constatare che il filetto femmina di 42x1 della mia camera non ne voleva sapere di avvitarsi per più di mezzo giro nel filetto maschio 42x0,75 del Fastar; ciò nonostante effettuavo le prime prove di giorno inquadrando il paesaggio e riprendendo immagini, prove rivelatesi affrettate in quanto, se le immagini diurne apparivano a fuoco e incise, riprendendo di notte un campo stellare, le stelle apparivano circondate da un alone comunque si regolasse la messa a fuoco.

A questo punto, l'ancora di salvezza mi veniva dalla rilettura di un brano del libro di Plinio Camaiti "Guida ai CCD per l'Astronomia", in cui l'autore manifesta la possibilità di utilizzare al fuoco "Fastar" anche le camere come la mia, regolando la distanza tra la flangia di attacco e il sensore a 660 centesimi di pollice (16,767 mm.); ora, avendo la mia camera un tiraggio di 17 cm., la differenza di soli due decimi abbondanti dalla distanza ottimale mi faceva ben sperare in un esito positivo dell'impresa.

La dichiarata impossibilità, da parte dei miei amici tornitori, di modificare con il tornio il passo del filetto in questione, per permettere alla camera di avvitarsi fino in fondo alla battuta, mi induceva a effettuare personalmente l'operazione con l'ausilio di una lima "ravviva filetti" e una filiera maschio; così, dopo due orette di duro lavoro riuscivo a creare una nuova filettatura sull'accessorio Fastar, non certo perfetta, ma funzionante.

Il montaggio non è eccessivamente macchinoso: conviene operare sul tubo smontato e solo successivamente posizionarlo sulla montatura; svitata la flangia che tiene lo specchio secondario, si estrae quest'ultimo con molta attenzione e lo si ripone in un contenitore fornito a corredo del Kit Fastar, si posiziona al suo posto l'aggiuntivo ottico stringendo la flangia di cui sopra (non troppo, per permettere alla camera di ruotare), infine, si avvita la camera già collegata al cavo (eventuali filtri come un H/Alfa possono trovare posto nello spazio libero tra l'ultima lente del Fastar e la finestra ottica del sensore).

Oggi, dopo le ultime prove fotografiche sul cielo profondo, che lascio a voi giudicare, posso affermare di essere soddisfatto dell'acquisto: certamente, immagini dei medesimi oggetti, ripresi attraverso un rifrattore apocromatico di focale analoga, sarebbero sicuramente di migliore qualità, ma quanto tempo in più richiederebbero tali immagini (e fatica, per chi, come me, non ha un'autoguida); inoltre, per rispettare il criterio di campionamento imposto dalla focale molto corta, occorrerebbe usare una camera CCD con pixel più piccoli, ma bisogna accontentarsi. Per dimostrare le possibilità del sistema, faccio solo un esempio: con un secondo di posa ed aumentando il contrasto con uno streching, si rendono già visibili sullo schermo oggetti deboli come il "Velo del Cigno".

Per concludere, sono felice di disporre di una moderna "Camera Schmidt Digitale" di 280 mm. di apertura e rapporto focale di 1.95.

Imperia, 26 dicembre 2006